Il concetto di tolleranza si venne definendo nell’Europa del ’500 ed ebbe all’inizio un contenuto essenzialmente religioso. In un periodo in cui la scissione della Cristianità si stava risolvendo in una serie di sanguinosi conflitti, furono soprattutto umanisti e filosofi come Erasmo da Rotterdam e Tommaso Moro a indicare la via di una pacifica convivenza fra diverse confessioni religiose (criticando ad esempio la persecuzione degli eretici). Questa strada, però, non fu seguita né dalla Chiesa di Roma né dalle Chiese riformate: si continuò a identificare l’errore col male e a ritenere che il male dovesse essere comunque estirpato. Il pluralismo religioso si affermò a livello interstatale, ma non all’interno dei singoli Stati (in base agli accordi stabiliti nella pace di Augusta del 1555). Una svolta si ebbe solo in Francia, alla fine del secolo, con l’editto di Nantes proclamato da Enrico IV nel 1598, che riconosceva agli ugonotti libertà di culto e di coscienza: un provvedimento di portata storica, dettato però soprattutto da considerazioni di opportunità politica.

Nella seconda metà del ’600, il principio di tolleranza era ancora ignorato nella maggior parte dei paesi europei (al contrario delle colonie inglesi del Nord America). Nella stessa Francia, l’editto di Nantes fu revocato da Luigi XIV nel 1685. Facevano eccezione l’Olanda e la Gran Bretagna, dove la tolleranza nei confronti delle sètte protestanti fu applicata durante la rivoluzione di Cromwell e poi sancita definitivamente, dopo la «gloriosa» rivoluzione, col Toleration Act del 1689.

In Gran Bretagna e in Olanda, alla fine del XVII secolo, il principio di tolleranza venne allargando il suo significato e il suo ambito di validità. Negli scritti di Spinoza, Bayle e Locke si sostiene l’uguaglianza di fronte alla legge di tutti i cittadini, la «separazione» fra autorità civile e religiosa, la pari dignità di tutte le fedi e di tutte le opinioni politiche. L’ideale di tolleranza si trasformava così in quello di libertà e veniva applicato a tutte le manifestazioni della vita associata. In questo senso il principio di tolleranza fu teorizzato dagli illuministi (in particolare da Voltaire con il Trattato sulla tolleranza del 1763). E in questo senso esso costituì un contenuto essenziale delle rivoluzioni liberali e democratiche della fine del secolo XVIII. Fra il ’700 e l’800, caddero gradualmente in tutti i paesi europei le più gravi discriminazioni basate sulla confessione religiosa (in particolare quelle nei confronti degli ebrei) , tuttavia la piena parità di diritti sarebbe stata raggiunta molto lentamente. Ancora oggi, in molti paesi, soprattutto fuori dall’Europa, lo stesso principio di tolleranza continua a essere ignorato.