Categoria: POTERE

PIETRO IL GRANDE E LA MODERNIZZAZIONE DELLO STATO

Pietro Alekseevič Romanov detto Pietro il Grande è stato zar e primo imperatore di Russia. Pietro assunse il potere nel 1698 e diede inizio alla modernizzazione della Russia.

Se non per alcune iniziative fortemente simboliche, come l’imposizione del divieto di portare le tradizionali lunghe barbe (per i russi tagliarla era un peccato mortale, Pietro invece pensava che le barbe fossero incivili e ridicole) a conferma del passaggio a costumi più occidentali, l’opera di Pietro fu interamente politica e militare. Il giovane zar costruì un sistema di governo seguendo il modello delle monarchie assolute: creando quindi un esercito permanente, con un parziale reclutamento obbligatorio, depotenziando la grande nobiltà posta al servizio dello Stato e costruendo un sistema amministrativo e uno fiscale in grado di fornire le risorse alla potenza militare. Inoltre per avere la supremazia del Baltico era indispensabile sconfiggere sia per terra che per mare la Svezia, fu quindi sviluppata anche una marina da guerra. Il passaggio decisivo verso un’amministrazione moderna fu l’apertura a tutti dell’accesso alle cariche statali. Nel 1722 la tabella dei ranghi suddivise tutte le categorie in 14 gradi; stabilì inoltre che tutti sarebbero partiti dal livello più basso e che il raggiungimento dell’ottavo grado avrebbe comportato il conferimento della nobiltà.

LUIGI XIV E LO STATO ASSOLUTO

Luigi XIV succedette al padre nel 1643, a l’età di 5 anni.

A causa della sua giovane età il comando del paese fu affidato alla reggenza della regina-madre Anna e al cardinale Mazzarino, ma dopo la morte del cardinale nel 1661, il giovane re salì al potere, dando inizio a un regno di circa settant’anni, ovvero al regno di maggior durata di tutta la storia.

Egli fu membro della Casata dei Borbone e si avvalse di numerosi collaboratori , ma comunque accentrò nelle sue mani il governo dello Stato e intervenì sempre sulle questioni principali.

Successivamente Luigi XIV fece costruire la reggia di Versailles, un maestoso palazzo il cui scopo era quello di controllare l’aristocrazia francese, allontanando la corte dalla popolazione irrequieta della capitale.

All’interno della corte tutto ruotava attorno alla figura del re, il quale utilizzava delle “etichette” con le quali fissava la posizione di ogni figura per la sua vicinanza fisica al sovrano.

Grazie alla figura di Colbert, il sovrano, avviò una politica economica che puntava ad aumentare la ricchezza interna del paese, mediante l’introduzione di dazi doganali sulla merce importata e l’aumento dell’esportazioni.

Favorì inoltre lo sviluppo delle “compagnie commerciali”, il finanziamento delle manifatture di beni di lusso e il consolidamento dei possessi francesi in Canada.

Luigi XIV era cattolico e ritenne che la libertà di culto degli ugonotti, garantita dall’editto di Nantes, dovesse essere cancellata col pretesto che non esistevano più seguaci della “pretesa religione riformata”.

L’editto di Nantes fu un decreto emanato a Nantes dal re Enrico IV nell’aprile 1598 che pose termine alla serie di guerre di religione che avevano devastato la Francia dal 1562 al 1598, regolando la posizione degli ugonotti (calvinisti francesi) e stabiliva che ci doveva essere un diritto di libertà, di culto e parità di diritti tra ugonotti e cattolici. 

Esso fu revocato nel 1685 da Luigi XIV con l’editto di Fontainebleau.

Nell’editto tuttavia la parola “tolleranza” non compare mai: in quel tempo essa era associata ad un concetto negativo per entrambe le fedi. Ciascun credente si riteneva il detentore della verità assoluta e colui che praticava un altro credo pregiudicava così la propria vita eterna e quindi era un dovere impedire che “l’altro” permanesse nell’errore.

La revoca dell’Editto di Nantes nel 1682  determinò, la fuga di migliaia e migliaia di ugonotti verso paesi oltreoceano.

Successivamente Luigi XIV diede un personale contributo alla persecuzione dei “giansenisti” e il loro convento di Port-Royal fu raso al suolo.

Con lui la monarchia divenne lo strumento che garantiva la protezione degli interessi della nobiltà e riuscì a consolidare il sistema monarchico assoluto in Francia.

Decise di arrogarsi il titolo “L’ETAT C’EST MOI”, ossia lo “stato sono io” e ottenne il comando sul Consiglio Supremo delle Finanze ed sul Consiglio dei Dispacci.

Luigi XIV si dedicò all’impresa di creare il mito della favolosa reggia, mediante feste meravigliose di lunga durata, nelle quali vengono rappresentate le commedie di Moliere.

LOCKE E I DIRITTI NATURALI DELL’UOMO

John Locke nasce a Wrington nel 1632, studia all’Università di Oxford e si appassiona alla medicina, alla filosofia e alla politica. La sua vita è profondamente influenzata dagli eventi delle due rivoluzioni inglesi.

EMPIRISMO

Locke è considerato il padre dell’empirismo e nella sua opera maggiore, ossia Saggio sull’intelletto umano, stabilisce i confini, dettati dall’esperienza, dove può svilupparsi la conoscenza. Il primo stadio della conoscenza è costituito dalle idee semplici che sono una ricezione passiva del materiale appartenente alla realtà esterna, dette idee di sensazione, e a quella interna, dette idee di riflessione. Locke si scaglia, quindi, contro le cosiddette idee innate, considerandole uno strumento del potere. La nostra mente raggruppa e organizza le idee semplici in idee generali e complesse. La conoscenza vera e propria consiste, infine, nella constatazione di una concordanza o discordanza tra idee. La conoscenza può essere di due tipi:

  1. conoscenza certa (attraverso l’intuizione, la dimostrazione e la sensazione attuale);
  2. conoscenza probabile (mediante la testimonianza e la coerenza con l’esperienza passata).

LIBERALISMO

Secondo Locke in un ipotetico stato di natura gli uomini vivono in una situazione di uguaglianza di diritti (alla libertà, alla vita, alla proprietà). L’esercizio di questi diritti è limitato alla propria persona dalla legge di natura (la ragione) ma può succedere che un uomo cerchi con la forza di violare i diritti altrui. Lo stato di guerra è evitato dall’instaurazione di uno stato civile che ha come unica funzione la tutela della libertà dell’uomo attraverso la legge.

Lo stato:

non ha un potere assoluto; 

nasce da un accordo (“contratto”) tra i cittadini e tra questi e il sovrano;

non deve intervenire nelle questioni di fede;

prevede che il potere esecutivo e quello legislativo non siano nelle mani di un’unica persona.  

Per queste ragioni Locke è considerato il teorico del liberalismo.

IL LEVIATANO DI HOBBES

Thomas Hobbes è stato un filosofo britannico e autore, nel 1651, dell’opera di filosofia politica Leviatano.
Hobbes nasce il 5 Aprile del 1588 nel villaggio di Westport in Inghilterra, egli crebbe solamente con la madre poichè suo padre li abbandonò dopo esser stato licenziato dalla parrocchia del villaggio.
Thomas ricevette l’istruzione elementare nella chiesa di Westport per poi passare alla scuola di Malmesbury ed infine ad una privata dove imparò il greco e il latino. In seguito si iscrisse all’Università di Cambridge senza finire gli studi poiché era poco interessato.
Così, Hobbes e un suo amico presero parte ad un grand tour, viaggio tipico della nobiltà inglese, nel 1610. Passò 27 anni fuori dalla madrepatria, durante i quali entrò in contatto con i metodi scientifici e critici europei ed iniziò a scrivere le sue prime opere, come l’Human Nature o il De corpore politico. Quando nel 1640 il Lungo Parlamento succedette al Corto, egli si sentì in pericolo per le idee espresse nelle varie opere e così decise di fuggire a Parigi dove rimase per circa 11 anni, dove realizzò il De Cive, testo che era incentrato sulla politica. Nel 1648 si trasferì in Olanda dove tradusse in inglese le sue precedenti opere scritte in latino che vennero pubblicate pochi anni dopo.
Nel frattempo proseguiva la stesura della sua opera principale, ovvero il Leviatano, pubblicata nella metà del 1651.

All’interno di quest’opera egli concepì lo Stato Assoluto come unica garanzia di pace e antidoto alla paura della morte e della miseria. Inoltre, all’interno del libro, egli ritiene che la legge positiva, ovvero quella realizzata dall’uomo, stabilisca cosa sia giusto e ingiusto e rifiuta il carattere e l’origine divina dello stato.
Nei suoi ultimi anni di vita Hobbes scrisse un’autobiografia in latino e tradusse in inglese arcaico l’Iliade e l’Odissea, si spense all’età di 91 anni nel 1679.

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