Carlo I e John Cooke… lo scontro sulla “giustificazione del potere dall’alto e dal basso”

Nelle prime settimane del 1649 viene approvata una legge dalla Camera dei Comuni che istituisce una commissione la cui funzione è quella di processare il re: l’accusa viene condotta dal Solicitor General John Cooke, e sono 135 i commissari nominati.

La Corte giudica Carlo I colpevole di alto tradimento verso il popolo inglese, e per questo motivo stabilisce che egli debba subire la pena capitale, che viene approvata da 59 commissari. L’ex monarca, quindi, viene portato al Palazzo di St. James come prigioniero, e da qui nel Palazzo di Whitehall, dove ha la possibilità di incontrare sua sorella, la principessa Elisabetta.

Il 30 gennaio del 1649, Carlo viene portato fuori da Whitehall e condotto su una piattaforma realizzata appositamente: prima di essere giustiziato, indossa due camicie di cotone per non tremare a causa del freddo (vedendolo tremare, il popolo avrebbe potuto pensare che egli lo stesse facendo per paura).

Una volta salito sulla piattaforma, pronuncia una preghiera e piega la testa, venendo decapitato con un solo colpo dal boia. Successivamente, diverse persone si recano in direzione del cesto in cui è contenuta la testa di Carlo, per bagnare con il suo sangue alcuni fazzoletti bianchi: è l’inizio del mito del re martire. Oliver Cromwell, tra i maggiori antagonisti del re, permette che la testa del sovrano sia poi ricucita al resto del corpo perché siano eseguiti i funerali, in forma privata.